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Catalogo "L’arte di vivere al tempo di Roma" - Mostra Museo archeologico Vetulonia

06 settembre 2017 - ore 18,30
2_l_arte_di_vivere_al_tempo_di_roma_i_luoghi_del_tempo_nelle_domus_di_pompei_a_cura_di_simona_rafanelli.jpgdal 20/05/2017 al 05/11/2017


 Mostra a Vetulonia sulla vita di una casa pompeiana: protagonista la statua dell’Efebo

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L’arte di vivere al tempo di Roma. I luoghi del tempo nelle domus di Pompei - a cura di Simona Rafanelli


 Il Museo Civico Archeologico “Isidoro Falchi” di Vetulonia (Castiglione della Pescaia - Gr), in collaborazione con il Museo Nazionale Archeologico di Napoli, ospita la mostra “L’arte di vivere al tempo di Roma. I luoghi del ‘tempo’ nelle domus di Pompei” (dal 20 maggio al 5 novembre).
 Protagonista e simbolo del grande evento vetuloniese è lo straordinario Efebo di Via dell’Abbondanza.
 L’ultima sua sede espositiva è stata il Paul Getty Museum di Los Angeles, da dove è rientrato al Museo di Napoli per approdare ora nell’antica metropoli etrusca in occasione della Notte dei Musei 2017.
Seneca dedicò uno dei suoi celebri Dialoghi (De vita beata) – si dispiega attraverso i diversi linguaggi espressivi (pittura a fresco, scultura, toreutica, ceramica, vetro) che creano la trama del racconto espositivo, dipanato entro i confini di una residenza immaginaria, articolata, al pari di un’abitazione reale, negli spazi riservati alle attività pratiche e speculative.
 Spazi ideali eletti a “luoghi” del tempo nei quali si snodano le tappe del vivere quotidiano, ispirate dagli interessi e dalle occupazioni che dettano i tempi dell’otium nella sua dimensione domestica. Negli ambienti di una casa romana.
 Al Museo di Vetulonia, entro i confini di uno spazio chiuso, rievocato intorno a un atrio custodito dalle divinità domestiche, alcuni arredi, come il portalucerne o i candelabri in bronzo, scandiscono, con i tempi del giorno, il percorso di visita. In corrispondenza delle vetrine, un’apertura, intesa come una falsa porta, introduce metaforicamente agli altri vani della domus, cui alludono gli oggetti esposti, ai quali è affidata la descrizione della toeletta maschile e femminile, dell’allestimento della tavola, dell’organizzazione della cucina-dispensa.
 ​ La ricostruzione di uno spazio esterno si traduce poi nella suggestiva allusione a un giardino, inteso come luogo della cultura, dell’educazione dei giovani alle Arti delle Muse e popolato da arredi marmorei quali la statuetta di Venere al bagno, le erme, gli oscilla, le maschere teatrali, le riproduzioni di animaletti da cortile, come la tartaruga o il coniglietto, sul fondo di un immaginario tablinum, luogo di eccellenza di una domus, arredato a imitazione di una sorta di “quadreria” dell’antichità. Qui il varco centrale aperto sul portico diviene la cornice reale e fantastica atta a inquadrare, stagliata sulla quinta di paesaggio offerta dal giardino, la statua dell’Efebo lychnophoros (portatore di lampada), ove si concentra, nella morbida flessione del corpo e nell’espressione meditativa del volto, il significato intrinseco della mostra. Rapporti con l’arte greca. Osservatorio privilegiato per cogliere il senso dell’arte di vivere – nel concetto in sé e nella mostra di Vetulonia – sono quei brani di un fraseggiare al contempo didascalico e allusivo rappresentati dai frammenti delle pitture a fresco che formano il compendio del lascito, assolutamente unico e per questo ancor più prezioso, delle domus di Pompei e delle altre città del comprensorio vesuviano. Come ha ben sottolineato Paul Zanker (Arte Romana, 2008), nel quadro di un rapporto completamente nuovo con l’arte greca, anche «le pitture parietali di questo periodo […] attestano anzitutto il bisogno di trasferirsi in un remoto mondo greco di cultura e di lusso». Ogni aspetto che, nell’educazione dei giovani aristocratici, concorreva a comporre la sintesi riuscita della loro formazione, plasmata sulla paidéia greca, trova la più alta espressione nella gestualità delle figure, sottratte per sempre al filo di una narrazione sinottica per divenire icone assolute di un gesto bloccato nella fissità dell’istante nel quale sono state immortalate. Così la piccola filatrice, intenta nell’occupazione emblematica dell’attività domestica, diviene simbolo sempiterno di quella occupazione, nella quale risiede il significato più profondo della presenza e dell’identità della donna romana, eterna Lucrezia, nel cuore della dimora signorile.




 
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