Collana ARSLANTEPE - Scavi e Ricerche ad Arslantepe-Malatya - Excavations and Researches at Arslantepe-Malatya
curatrice/ediotr Marcella Frangipane - Università di Roma «Sapienza» -
Dipartimento di Scienze dell'Antichità, Preistoria e Protostoria del Vicino Oriente
In questa collano sono pubblicati gli esiti degli scavi della Missione Archeologica Italiana in Anatolia Orientale (MAIAO)
Piano di Collana / Planned volumes:
Vol. I: Arslantepe-Malatya. A long standing archaeological project and the millenarian history of the site
(in preparation)
Vol. II: Arslantepe, Landscape - Settlement patterns in the Malatya Plain from prehistory to the Byzantine period
G.M. Di Nocera (ed.)
(in preparation)
Vol. III: Arslantepe, Period VII - The development of a ceremonial/political centre in the first half of the fourth millennium BC (LC 3-4)
F. Balossi Restelli, M. Frangipane (eds.)
(in preparation)
Vol. IV: Arslantepe, Period VI A - A highly centralised society at the end of the fourth millennium BC (LC 5)
(in preparation)
Vol. V: Arslantepe, Cretulae - An early centralised administrative system before writing
M. Frangipane (ed.)
(published 2007, euro 80,00)
Vol. VI-1: Arslantepe, Period VI B1 - New nomadic components and far-reaching changes in the Malatya plain at the very beginning of the 3rd millennium BC
(in preparation)
Vol. VI-2: Arslantepe, Period VI B2 - An Early Bronze I rural village in the post-Uruk tradition
M. Frangipane, P. Piccione (eds.)
(in preparation)
Vol. VII: Arslantepe, Period VI C and VI 0The development of new provincial cultures in the Malatya region
in the Early Bronze II and III
(in preparation)
Vol. VIII: Die Siedlung der Mittelbronzezeit von Arslantepe. Eine Zentralsiedlung von Beginn des zweiten Jahrtausends v. Chr, in der Ebene von Malatya (Turkei) G.M. Di Nocera
(published 1998, euro 50,00)
Vol. IX: Arslantepe, Late Bronze Age - Hittite influence and local traditions in an eastern Anatolian community - F. Manuelli
(published 2013, euro 96,00)
Vol. X: Arslantepe, Archaeometry - Chemical characterization of pottery and metals
(in preparation)
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Intervista a Marcella Frangipane: Archeologia Viva N. 168-2014 (Novembre-Dicembre). 'Anatolia, madre di civilta': gli scavi della missione italiana ad Arslantepe'
Pruneti. Nel 1995 mi trovavo in Anatolia con un gruppo di viaggiatori di Archeologia Viva e ad Arslantepe c'imbattemmo nel suo scavo archeologico, uno dei più importanti condotti all'estero da ricercatori italiani. Ricordo che leggere i pannelli esplicativi e il cartello con su scritto «Università di Roma "La Sapienza"» ci rese orgogliosi.
Frangipane. Voglio, in primo luogo manifestare la mia sorpresa e soddisfazione nel vedere un pubblico così vasto e così attento riunito per amore dell'archeologica. Mi sento quindi particolarmente motivata nel presentarvi i risultati più salienti di tanti anni di lavoro ad Arslantepe.
Grazie a uno scavo protrattosi per decenni e condotto con una scelta precisa di metodi e strategie d'indagine, è stato possibile giungere alla ricostruzione di alcuni processi generali, contribuendo, così, alla conoscenza di alcuni fenomeni cruciali alla base della nostra storia. Questo processo di avvicinamento progressivo alla "verità" storica e alla comprensione dei meccanismi di sviluppo delle società umane è avvenuto ad Arslantepe, come sempre accade in ricerche di lunga durata, attraverso l'accumulazione costante di informazioni che in parte confermano le nozioni già acquisite e in parte le sovvertono radicalmente. Una delle conferme giunte dai nostri scavi ad Arslantepe è che l'area fra il Tigri e l'Eufrate, la Mesopotamia cioè, fu effettivamente il teatro che vide la nascita della città e dello stato. Ma la novità che sta sempre più prendendo corpo è che anche l'area settentrionale della Mesopotamia in senso lato fu protagonista attiva di questo fenomeno che vide il progressivo affermarsi di forti poteri centrali, capaci di governare le popolazioni dei loro territori, appropriandosi e ridistribuendo i beni primari. I rinvenimenti degli ultimi anni dimostrano che l'area di gestazione delle prime forme di Stato e di città non si limita alla Mesopotamia propriamente detta, ma abbraccia una regione assai più vasta, che dall'Anatolia giunge sino al Golfo Persico. La città oggetto delle nostre ricerche, Arslantepe appunto, è un sito anatolico a nord delle montagne del Tauro, oggi nella Turchia orientale. Ebbene questo centro ha dimostrato di essere stato un luogo di primaria importanza nei processi di formazione della città e dello Stato, in perfetta contemporaneità con quel che avveniva nella Bassa Mesopotamia. Possiamo aggiungere che si trattò di un fenomeno non solo d'imitazione, ma più complesso, legato allo scambio d'idee e informazioni su vasta scala geografica e temporale. Ricordiamoci che la "globalizzazione" culturale, un fenomeno certo deprecabile nei termini massificanti coi quali si presenta oggi, non è un evento nuovo nella storia. La condivisione e la commistione d'idee, di modelli sociali e culturali, sono sempre state elementi propulsivi delle grandi rivoluzioni storiche. Così, quel che riscontriamo ad Arslantepe è, indubbiamente, frutto di una realtà locale, ma, al tempo stesso, è l'eco di un processo di dimensioni assai più ampie, che trascende la realtà regionale.
Arsalntepe sorge in una pianura fertile, un'oasi verde circondata da aride montagne. È un sito dalla storia lunghissima, come testimonia lo stesso tell, con i suoi oltre trenta metri di sedimentazioni archeologiche. Qui, infatti, senza alcuna soluzione di continuità, si sono succeduti abitati dal V millennio a.C. all'età bizantina. Alla fine della sua lunga storia, Arslantepe fu anche la capitale di un regno nato dalla disgregazione dell'impero ittita (XIII sec. a.C.) e, questa fase, rappresenta l'ultimo momento glorioso di una città che, in età successiva, rimarrà soltanto un secondario centro di provincia. Oggi, vorrei presentare le fasi più antiche, quelle che, forse, hanno offerto gli indizi più interessanti per la conoscenza del mondo mesopotamico e anatolico del IV millennio a.C. e hanno dato notizie nuove sulla nascita dello Stato e della città. In quei secoli Arslantepe vide il formarsi di un potere centrale forte, dotato di una propria burocrazia in grado di controllare un'ampia fetta di popolazione, pur in assenza di una vera e propria struttura urbana. Gli scavi hanno messo in luce un grandioso complesso palaziale di oltre duemila metri quadrati solo nella parte scavata. Questo imponente insieme di edifici è venuto in luce dopo lunghi anni di scavo poiché si trovava sotto circa dieci metri di stratigrafia di livelli, tutti ben conservati, del III e II millennio a.C., che andavano pertanto accuratamente scavati e documentati. Il palazzo era articolato intorno a un lungo corridoio centrale fiancheggiato, a est e a ovest, da edifici monumentali solo in parte messi in luce. L'eccezionalità del ritrovamento è legata anche allo stato di mantenimento delle strutture, in alcuni punti conservate sino a tre metri d'altezza e dotate degli originali intonaci bianchi, in più punti dipinti. Inizialmente ritenemmo questo palazzo il frutto di una diretta influenza mesopotamica. Tale convinzione era suffragata anche dal fatto che la ceramica in uso al tempo del palazzo riprende modelli della cultura di Uruk, cioè della Mesopotamia vera e propria, mentre le tipologie vascolari tradizionali sono quasi completamente abbandonate.
L'idea di un'elite provinciale che ha imitato pedissequamente i modelli delle grandi civiltà della terra tra i due fiumi è stata, però, considerevolmente ridimensionata dai recenti ritrovamenti. Nella parte alta della collina, una sorta di acropoli che accoglieva importanti edifici civili e di rappresentanza è venuto in luce, infatti, un importante edificio dotato d'imponenti mura in mattoni crudi, spesse oltre un metro. Si trattava di una struttura notevole sia per dimensioni che per elevato, dotata, al suo interno, di colonne disposte lungo le pareti e di dipinti. Mancavano indizi che consentissero di riconoscere in questo complesso un tempio o un centro amministrativo, per cui abbiamo ritenuto che potesse trattarsi di un edificio residenziale dell'elite di Arslantepe della prima metà del IV millennio a.C. (la struttura si data fra il 3700 e il 3600 a.C.). A breve distanza da questo complesso è recentemente venuto in luce un altro interessantissimo edificio. Purtroppo scassi recenti e un maldestro scavo francese degli anni Trenta hanno in parte danneggiato le strutture, ma ciò che si conserva è sufficiente per avere un'idea chiara dell'originaria planimetria. Si tratta, ancora una volta, di una struttura monumentale, dotata di mura di oltre un metro e mezzo di spessore che, oltretutto, poggiano su una fondazione di grandi lastre in pietra che si estende all'intera area dell'edificio. Questa lastre formano, cioè, una vera e propria piattaforma sulla quale era stato costruito l'edificio, che si ergeva, dunque, come su un basamento rispetto al paesaggio circostante. Il complesso ha una caratteristica pianta tripartita, con una grande sala centrale, lunga diciotto metri per sette, fiancheggiata sui due lati da due file di stanze. Un piccolo vano quadrato era, probabilmente, il vano per la scala, ben noto anche nell'architettura sacra mesopotamica. La sala comunicava con l'esterno mediante quattro grandi aperture, che lasciano supporre una destinazione a spazio comunitario facilmente accessibile. Gli scavi hanno consentito di mettere in evidenza anche tracce di travi che erano collocate fra la piattaforma in pietra e i muri, forse per creare una sorta di superficie di ammortizzamento che consentisse di attutire i dislivelli e distribuire i pesi. Si tratta dell'indizio di una tecnologia costruttiva estremamente evoluta e originale. Le pareti della sala centrale erano mosse da nicchie multiple, alcune delle quali accoglievano delle pitture. In un caso è riconoscibile un vaso stilizzato dalla cui bocca fuoriescono delle linee, forse allusive all'acqua che sgorga. La sala centrale era poi dotata, al centro, di una grande piattaforma, una sorta di lungo altare, circondata da centinaia di ciotole prodotte in massa, realizzate a tornio lento. Nelle due stanze laterali questi contenitori sono stati trovati ancora impilati e disposti in fila o comunque capovolti. In origine erano, probabilmente, collocati su mensole o su un piano superiore, crollati a terra con il collassamento dell'edificio. La quantità e qualità di queste ciotole rende difficile immaginare che i dignitari mangiassero in questi rozzi recipienti, mentre è assai più probabile pensare che essi fossero legati alla distribuzione di cibo su larga scala a persone esterne al tempio. In sintesi, ciò può indicare che esisteva un'elite capace di ammassare beni e ridistribuirli in cambio di lavoro e/o in occasioni particolari, quali feste e cerimonie. Abbiamo, quindi, a che fare con una società stratificata, non più egalitaria e autarchica.
Ma l'elemento realmente nuovo è venuto dal ritrovamento, insieme a queste ciotole, di alcune cretule, cioè grumi di argilla sui quali era apposto un sigillo, che servivano per garantire l'integrità e l'inviolabilità di ciò che sigillavano e per documentare le operazioni svolte. Ad Arslantepe, così come nel mondo mesopotamico, le cretule sono costantemente associate ai luoghi pubblici, dove, non a caso, si trovano insieme alla ciotole. Le cretule, in sostanza, provano l'esistenza di un controllo amministrativo sulla distribuzione del cibo alla popolazione. Ogni volta che si apre un contenitore per prelevare il cibo si deve rompere la cretula e, una volta terminata l'operazione, il contenitore è richiuso e sigillato dalla persona che ha fatto il prelievo.
L'imponente edificio del 3500 a.C., dunque, doveva essere un edificio cerimoniale, forse con carattere templare, legato alla pratica della ridistribuzione del cibo in occasioni particolari. Tutto, in questo complesso, mostra evidenti legami mesopotamici. Mesopotamica è la pianta tripartita, così come la presenza di cretule associate alle ciotole; mesopotamico il connubio fra funzioni economico-sociali e rito sacro. Locale, invece, è il tipo di ceramica, dall'ingubbiatura rossa lucidata, e le altre produzioni materiali, come pure alcuni caratteri specifici dell'architettura. Questa constatazione corregge la visione di una società totalmente dipendente dal modello esterno: si riprendono alcuni modelli strutturali, che in realtà sono stati condivisi per una storia parzialmente comune, ma gli aspetti formali e tecnologici rimangono nettamente distinti.
Alla luce di queste considerazioni possiamo rileggere anche il grande complesso palatino. Questo era costruito su terrazzi, sfruttando le parti alte per collocarvi i templi e le strutture di prestigio, mentre le parti basse erano utilizzate per i magazzini e il cortile. Le due parti del palazzo erano messe in comunicazione dal corridoio al quale abbiamo accennato in precedenza. Due edifici a pianta analoga sono da interpretarsi come templi; le dimensioni sono però più piccole rispetto al grande edificio cerimoniale del 3500 e inoltre adesso, questi risultano inglobati in un complesso assai più ampio che dà meno spazio all'aspetto religioso e cerimoniale. Ecco perché ho definito questo complesso come il primo palazzo conosciuto nel Vicino Oriente, non come palazzo residenziale, bensì come centro polifunzionale, economico, amministrativo, politico e religioso. È interessante notare come, nella forma e nell'organizzazione degli spazi interni del palazzo, gli abitanti di Arslantepe si siano discostati notevolmente dai modelli mesopotamici. Infatti, le aree pubbliche mesopotamiche sono caratterizzate da grandiose aree templari e da edifici autonomi, isolati gli uni dagli altri. Qui abbiamo, piuttosto, un esempio d'architettura compatta, agglutinante, in sintonia, peraltro, con quelle che sono le più radicate tradizioni anatoliche. Nei templi inseriti all'interno di questo palazzo, a differenza del tempio più antico isolato sulla collina, le decorazioni geometriche, a cerchi e a rombi, non sono più interne all'edificio, bensì esterne. I fedeli non entrano più nel luogo sacro, il cui accesso è riservato ai sacerdoti. Anche il numero delle porte si riduce a una sola. Nei luoghi di passaggio del palazzo, come sulle pareti del corridoio, troviamo altre decorazioni pittoriche, alcune delle quali di grande interesse. In un caso, ad esempio, riconosciamo, nonostante il disegno estremamente stilizzato e semplificato, due tori e una figura umana che tira le redini e che ha alle spalle la rappresentazione di una figura geometrica rettangolare. Potrebbe essere un carro che esce da un edificio, un soggetto celebrativo o mitologico di notevole impegno e complessità. In un altro caso siamo riusciti a recuperare delle pitture nascoste sotto oltre dodici mani d'intonaco che ne hanno magnificamente preservato i colori e i tratti. È riconoscibile una figura umana in posizione da orante, con le braccia levate, dinanzi alla quale si trovano delle specie di tavole o altari, mentre un baldacchino ricopre, in parte, la figura. In uno degli edifici abitativi, fuori dal complesso palaziale, abbiamo addirittura trovato una pietra con sopra dell'ocra, identica a quella utilizzata per realizzare i disegni sinora mostrati. Si tratta, con ogni probabilità, della tavolozza di un pittore, uno strumento del mestiere che è stato rinvenuto in quella che doveva essere la sua casa.
Nel palazzo i templi non sono più deputati ad accogliere i depositi di cibo, poiché, adesso esistono ambienti appositamente realizzati a questo scopo: i magazzini. Non a caso, a differenza delle epoche precedenti, adesso le cretule provengono quasi esclusivamente dalle aree di stoccaggio, mentre rarissimi sono gli esempi rinvenuti altrove. Il numero e la varietà dei sigilli impressi sulle cretule aumenta e compaiono anche i primi sigilli a rullo cilindrico, che erano fatti scorrere sulla superficie dell'argilla fresca. In una delle stanze dei magazzini è stato messo in luce un vero e proprio archivio con oltre milleottocento di queste cretule che, verosimilmente, erano state gettate dopo l'uso e la contabilità. Lavorando su questo materiale è stato possibile, infatti, ricostruire un complesso sistema amministrativo, caratterizzato da un'articolata gerarchia di funzionari con compiti e prerogative specifiche. In una società ancora priva della scrittura, le cretule sono vere e proprie ricevute, archiviate, conteggiate, e poi scartate. Il gran numero di sigilli presenti sulle cretule, oltre duecento tipi diversi, dimostra la coesistenza di stili decorativi schematici e naturalistici. Questa varietà è, senza dubbio, testimonianza della presenza, ad Arslantepe, di più botteghe glittiche al servizio della burocrazia palaziale. Si è potuto ricostruire anche il modo nel quale queste cretule erano utilizzate per chiudere sacchi, vasi, oppure porte. Sono stati attestati almeno due tipi di serrature; una, più semplice, prevedeva un picchetto di legno, che veniva inserito nella parete, e una corda, che dalla porta veniva attorcigliata intorno al picchetto e quindi sigillata. L'altro sistema, più complesso e ancora in uso in alcuni villaggi della zona, è costituito da serrature lignee chiuse da chiavistelli.
Fra gli oggetti assolutamente inaspettati che abbiamo rinvenuto nel palazzo, sono da annoverare ben dodici punte di lancia e nove spade in rame arsenicato, cioè realizzate con una lega che al rame unisce l'arsenico per renderlo più resistente. Per quanto riguarda le spade, si tratta della più antica attestazione nota di questo tipo di arma, poiché tali esemplari risalgono al 3300-3200 a.C., a quasi mille anni prima, dunque, delle prime spade sinora conosciute.
Una spada è stata rinvenuta anche all'interno di una tomba principesca che fu eretta sulle rovine del palazzo. Il corredo di questo individuo, sepolto all'interno di una cista in pietra, contava più di sessanta oggetti in metallo, fra i quali, oltre alla già ricordata spada, compaiono punte di lancia, recipienti, strumenti, monili e spilloni. Ciò che forse attrae maggiormente l'attenzione è il fatto che, entro la fossa e sopra le lastre di copertura della cista costruita sul fondo di essa, furono sacrificati quattro adolescenti. È la più antica attestazione di sacrificio umano connesso a un rituale funerario di cui, sinora, si abbia notizia. Due delle quattro vittime, che indossavano un velo, un diadema di rame-argento e spilloni in rame, giacevano sulle lastre di copertura della tomba. Gli altri due scheletri si trovavano, invece, esternamente alla cista ed erano privi di corredo. Si trattava di tre femmine e un maschio, d'età variabile fra tredici e sedici anni; le analisi svolte dall'antropologo hanno messo in evidenza segni di violente percosse, con fratture solo parzialmente saldate e, quindi, risalenti ad alcuni giorni prima della morte. Il corpo del defunto, all'interno della cista era stato deposto, invece, in posizione fetale e aveva la testa circondata da punte di lancia, simili a quelle rinvenute all'interno del palazzo. Un pugnale d'argento, bracciali, spirali, asce e spilloni costituivano il resto di questo corredo eccezionalmente ricco e importante. È interessante rilevare, fra il vasellame presente nel corredo, numerose tipologie derivate dal mondo transcaucasico. Appare evidente dai ritrovamenti effettuati nello scavo che popolazioni nomadi provenienti da nord si erano insediate nell'area dell'antico palazzo e non è da escludere che proprio la comparsa di questi popoli abbia segnato la fine repentina di Arslantepe. Sicuramente l'ingresso di questa nuova compagine etnica comportò la brusca fine dei contatti con il mondo mesopotamico di questa regione che ora appare nuovamente attratta nel complesso caleidoscopio culturale anatolico. In questo periodo la cima della collina è cinta da un muro di ben sei metri di spessore che probabilmente racchiudeva le residenze dell'elite locale. Al di fuori delle mura prosperava, invece, il villaggio, nelle cui case sono state trovate tracce di attività metallurgica, resti di cereali bruciati, testimonianze evidenti di allevamento e macellazione di animali. Sarà su questa compagine culturale ed economica che si svilupperà una cultura locale est-anatolica, su cui s'innesterà il dominio ittita, rafforzando ulteriormente i legami di questa regione con l'area centro-anatolica.
Marcella Frangipane
docente di Preistoria e Protostoria del Vicino e Medio Oriente antico - Università di Roma "La Sapienza"