"Le Rane" di Aristofane, in scena al Teatro Greco di Siracusa fino al 9 luglio 2017

06 luglio 2017 - ore 16,28
  • le_rane_di_aristofane.jpgPALERMO, 30 GIU - E' un inno di gloria al teatro greco e alla sua poesia "Le Rane" di Aristofane, la speranza che il teatro abbia, ieri come oggi, in sé, gli anticorpi della rinascita di una civiltà dilaniata dalla volgarità e dal sopruso. La battaglia delle isole Arginuse fu per gli ateniesi ciò che Caporetto fu per gli italiani. Una orribile disfatta.


    Libro:

    Aristofane, Le Rane - con traduzione di Ettore Romagnoli (Ipazia, 11) note e commento di Emiliano Ventura 
    Anno Edizione:2017
    IPAZIA. Collana di antichita’ classiche
    Casa Editrice:Arbor Sapientiae Editore - Roma
    ISBN:978-88-94820-29-4



        Avevano vinto, almeno per il momento, ma avevano perso 5000 uomini e 25 navi, né i corpi in mare erano stati salvati. E dopo ogni sconfitta, i responsabili si dileguano, i politici si vaporizzano, nascondendosi dietro intrighi, false testimonianze, processi pilotati. Questo è il contesto che dà vita a "Le Rane" di Aristofane, in scena al Teatro Greco di Siracusa fino al 9 luglio. Commedia, solo in apparenza e solo per il linguaggio sboccato, irriverente, qui nella bella e colta traduzione di Olimpia Imperio. Commedia dunque molto seria, l'ultima grande avventura del teatro greco del V secolo a.C., per rappresentare un mondo infernale, non quello dell'aldilà, ma quello di un aldiquà rissoso, volgare, dove i peggiori sono destinati a vincere, dove la corruzione e il malgoverno incalzano. La bella regia di Barberio Corsetti sa bene come restituire questo eccesso di modernità, la polis è allo stremo, oggi come allora, la politica è terreno degli scontri tra fazioni.
        Governare? Non se ne parla, ma litigare, dividersi, questo sì, e il risultato è un mondo ultra contemporaneo in scena. "Un mondo squadernato" avrebbe detto Dante, restituito dai costumi senza tempo di Francesco Esposito. Ficarra e Picone, nei panni di Dioniso il primo, codardo quanto basta, accompagnato dal lamentoso Santia, dalla risata contagiosa, sono esilaranti.
        Insieme sviluppano la giusta e ben nota comicità. E questo spettacolo li consacra attori a pieno titolo, senza etichette, perfettamente a loro agio con il testo greco. La scena di Massimo Troncanetti è costruita a vista. I sei ottavi cantano a cappella, con un corposo numero di deliziose citazioni musicali, divertenti, bravissimi, con un invidiabile swing, Dioniso spaccone, vanta il coraggio che non ha e se serve si rifugia dal pubblico. Il coro degli iniziati accenna a una lenta samba, tutti in rosso e arancio, sono i puri di cuore che accusano gli impostori che ancora infestano la città. Il divertimento super è che il dio Dioniso, cosi truce in Euripide e in tutta la cultura occidentale, qui diventa una macchietta. Applauditissimo anche Gabriele Portoghese, autorevole corifeo. Di bell' effetto la comparsa di Plutone che sorveglia la sfida tra Eschilo e Euripide. Aristofane non risparmia nessuno e Barberio Corsetti si diverte proprio, Euripide sembra uno di quei registi che non metterebbero mai il naso fuori senza una sciarpa rossa, gay, che non rispetta gli dei. E infatti vince Eschilo e sarà la poesia a salvare Atene. Colpo di scena nel finale: nello schermo, che tanto piace al regista, compaiono Pasolini ed Ezra Pound, riportati in vita da Corsetti. Applausi e urla da stadio.
    (ANSA SICILIA)