«IN PETIIS». Il sistema della pecia e la produzione del libro universitario nel XIII secolo

21 giugno 2013 - ore 14,43
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    «IN PETIIS». Il sistema della pecia e la produzione del libro universitario nel XIII secolo

    Il sistema della pecia si attiva nel XIII secolo ed è la risposta commerciale del mercato librario medievale alle esigenze legate alla nascita delle università. È un sistema fortemente strutturato poiché gli Statuti universitari ne fissano in modo normativo le procedure e le fasi di produzione. L’Università si impegna a garantire, attraverso una commissione interna di petiarii, a sua volta regolata da norme statuarie, l’autorialità e la correttezza del testo da mettere in circolazione. L’originale dell’autore, l’apografo, viene affidato ad exemplatores, che possono essere stazionari o semplici copisti di fiducia dello Studim, per la trascrizione di un antigrafo che rispetti le regole redazionali della suddivisione in pecie. Dal momento che gli errori sono da sempre connaturati all’atto della copiatura e che, rispetto ai refusi dell’autore, il copista cade in sbagli ben più gravi – dall’omissione, alla ripetizione, all’interpretazione scorretta di un passaggio – l’Università deve ufficialmente correggere i testi che saranno depositati per dare origine alle copie destinate agli studenti, ovvero all’edizione. La funzione dello stazionario è di assoluta preminenza nell’avviamento del circuito editoriale. È lui che investe materialmente il denaro sull’exemplar corretto e autorizzato al commercio, sulla gestione del deposito e del prestito. I suoi guadagni sono garantiti dall’affitto contemporaneo a più persone dello stesso exemplar. Dal suo lavoro dipende quello dei copisti incaricati a pagamento, pro pretio, per una copiatura che si esegue in base alla partizione in pecie. Nonostante lo smembramento in fascicoli, il valore commerciale dell’opera rimane unitario: la tariffazione per l’affitto e i contratti di copiatura stimano un prezzo complessivo e mai per singola pecia. Lo studente, con il suo investimento finale e con la traduzione di questo in “sapere” da restituire all’Università, chiude il sistema e ne giustifica l’attivazione
    Ma il sistema della pecia non è solo questo. Diviso fra due polarità, quella culturale e quella commerciale, ha come filo conduttore l’attenzione costante alla serialità e all’omologazione redazionale, che al tempo stesso sono garanzia di controllo testuale e metodologia di lavoro da tradurre in guadagno. La pecia è anche la configurazione del legame tra il nuovo sistema culturale e comunicativo basato sulla lettura con le tecniche che materialmente attendono a costituire un testo; è l’attivazione di una rete di relazioni significanti del “sottotesto” che assicurano la comunicazione visiva, oltre che quella contenutistica. La riproduzione di libri per exemplar e pecia rompe l’unità del manoscritto, precedentemente considerato sempre e solo nella sua interezza testuale, per scomporre il testo in parti più piccole dove il fascicolo, ovvero la pecia, diventa la nuova unità di misura. Questa intuizione, che agevola e velocizza la riproduzione, si basa sul medesimo principio che porterà Gutenberg all’ulteriore scomposizione di un testo nella trentina di segni base dell’alfabeto. Innescandosi sulla scia dell’ortodossia degli studi paleografici e codicologici il presente studio rivendica l’efficacia dell’indagine impostata sulla “forma” del manoscritto peciato – che inevitabilmente sostanzia un contenuto – e su tutti gli elementi che concorrono a materializzarlo. L’analisi della struttura redazionale e dei segni paratestuali utilizzati nel sistema della pecia ha permesso di effettuare un approfondimento inconsueto e di attivare percorsi di interpretazione finora non stimolati dall’approccio classico.

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