Eschilo e Giobbe. Saggio sul dolore umano
di
Riccardo Dri
Descrizione:
96 pp.
Saggio introduttivo
di Barbara Botter
Dolore, paura, speranza
Potremmo eleggere questi tre sostantivi come termini
chiave per l'affascinante saggio di Riccardo Dri, il quale
accompagna mirabilmente il lettore attraverso l'esperienza
tragica del dolore nella Grecia classica fino alle porte di
Gerusalemme, dove rimane accesa la speranza di un possibile
riscatto.
In questo testo l'autore riesce abilmente a trovare, senza
nascondere né ignorare la radicale differenza di significato,
una mediazione tra due mondi lontani, che nell'interpretazione
tradizionale sono sempre stati presentati come
due universi monadici e incomunicabili: l'Atene dei poeti
tragici e la Gerusalemme del testo biblico. Da una parte ogni
azione umana è soggetta alla catena causale necessaria del
Destino cieco e inesorabile; dall'altra ogni atto è dominato
dalla speranza, nutrita naturalmente da ogni uomo, di riuscire
vincitore nella sfida con Dio.
L'abilità dell'autore è stata quella di saper accostare con
maestria due prospettive morali, religiose, metafisiche e,
prima di tutto, ontologiche di primo acchito incompatibili, le
quali corrono lungo due traiettorie poste su due piani differenti
e parallele e che, proprio per questa ragione, sembrano
non potersi incontrare in alcun punto spaziale o
temporale.
I fenomeni e le azioni umane nella Grecia di Eschilo sono
determinate dalla necessità assoluta, secondo la quale ogni
evento attuale è frutto di una causa che lo precede e che lo
determina inesorabilmente. I fenomeni e le azioni umane
nella Gerusalemme del mondo biblico sono proiettate verso
un fine che si manifesterà nel futuro, ossia fanno riferimento
ad una escatologia che lascia aperte le porte alla speranza.
Da una parte il necessario, dall'altra il fine, l'in vista di; da
una parte il passato indelebile, dall'altra il futuro ancora
indeterminato; da una parte l'inesorabile, dall'altra il
possibile; da una parte l'uomo costretto a cedere le armi di
fronte alla potenza assoluta del Destino; dall'altra l'uomo che
erge coraggiosamente il capo di fronte a Dio e si sforza di
riscattare la propria dignità riponendo le sue proprie
aspettative nella speranza.
Con tutto ciò, l'autore riesce ancora a sorprenderci. A fare
da cerniera a questi due universi, per tradizione, incompatibili
egli sceglie una figura enigmatica: Giobbe.
Il testo di Giobbe è quello che meglio simbolizza una delle
tre parole chiave che abbiamo scelto a rappresentare il presente
saggio: il dolore. L'originalità del dolore di Giobbe è
dovuta al fatto che esso differisce dal dolore "naturale" e
ineliminabile dei tragici e dal dolore dovuto alla punizione
divina in seguito ad un atto macchiato di peccato, creato dal
Cristianesimo.
Il dolore di Giobbe è un dolore gratuito e inspiegabile,
senza una causa necessaria che lo determini e senza un fine
che lo possa riscattare. Questa situazione ben raffigura "l'insostenibile
leggerezza del dolore", una leggerezza tale da renderlo
insopportabile, perchè senza ragione. Solo la ragione
che dà senso, solo il significato e la reale, o illusoria, razionalità
di ciò che accade rendono sopportabile anche il dolore
perché, dando senso al dolore, gli attribuiscono un peso.
Non è così per il dolore di Giobbe. Solo la ragione è capace
di dare un senso e perciò un peso all'essere e alla vita degli
esseri umani, e in questo modo consente loro di nutrire l'illusione
di una vita felice e retta perché razionale, ossia dotata
di un senso, di una direzione di cui l'uomo si sente responsabile.
Al contrario, un dolore senza responsabilità
schiaccia qualsiasi uomo.
Questi sono i misteriosi labirinti in cui l'accattivante, ben
documentato e ben argomentato saggio di Riccardo Dri ci
incammina con la promessa di indicarci la via di uscita.
Barbara Botter