VELLETRI NEL SECONDO CINQUECENTO (con gli inventaria aliqua bonorum ecclesiarum redatti da Ottaviano Della Porta)

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    Formato cm. 15×23, rilegato, pp. 424 


    Il volume di Franco Lazzari, di oltre 400 pagine, offre al lettore l’occasione per addentrarsi nell'ordinamento socio-politico di Velletri del secondo Cinquecento, a partire dalla divisione in ceti che distingueva la nobiltà vera e propria dal patriziato cittadino di cui il notariato costituiva una porzione significativa che alimentava gli organismi di governo della comunità.


    Decadente, sporca e violenta. I banditi imperversavano nel territorio taglieggiando, bruciando
    e uccidendo con ferocia inaudita, riflesso della vera e propria battaglia ingaggiata con la
    comunità che a sua volta torturava, giustiziava e metteva al rogo. Rappresentanti governativi
    e famiglie del notabilato locale compromessi con i malviventi in uno stato di soggiacente connivenza.
    È questa l’immagine di Velletri che emerge dalle letture dei consigli cittadini e dei coevi
    atti civili e criminali, di quei cittadini che nonostante tutto vivevano le loro fatiche quotidiane
    aspettando i giorni di festa, il carnevale e le fiere per misurarsi nei giochi più disparati. Il
    volume di Franco Lazzari offre al lettore l’occasione per addentrarsi nell’ordinamento sociopolitico
    di Velletri del secondo Cinquecento, a partire dalla divisione in ceti che distingueva la
    nobiltà vera e propria dal patriziato cittadino di cui il notariato costituiva una porzione significativa
    che alimentava gli organismi di governo della comunità. La ricerca ha portato alla luce,
    attraverso una copiosa messe di documenti, oltre il funzionamento delle istituzioni comunitarie,
    gli uffici ecclesiastici, l’assetto urbanistico, il sistema giudiziario cittadino e la milizia delineata
    sin dalla sua trasformazione da balestrieri ad archibugieri. Nel libro trovano spazio
    anche informazioni su gruppi sociali posti solitamente ai margini della storia; è il caso delle
    pagine dedicate alla condizione femminile, ai poveri e agli emarginati, tra le cui fila spiccano
    soprattutto gli zingari, che qui finalmente trovano una prima occasione per imporsi alla storiografia
    del Lazio meridionale.