L’Antro di Tiberio a Sperlonga (I Monumenti Romani, IV) - ultima copia nuova

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  • Prezzo: € 150.00
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    Descrizione:


    Scaffale: 22-B

    pp. 184, interamente e riccamente ill. a colori b/n, 1 tavv. b/n ripiegata, Roma
    data stampa: 1963


    «Nell'imminenza dell'inaugurazione del Museo Archeologico di Sperlonga era opportuno che i risultati della tenace opera di scavo e di restauro, che si viene compiendo ormai da sei anni, fossero portati più dettagliatamente alla conoscenza del pubblico.
    Quello che fu e resta uno dei rinvenimenti archeologici più memorabili del nostro secolo, singolarissimo per i suoi aspetti e per copia di materiale artistico, ha suscitato l'interessamento non solo degli studiosi e degli amatori, ma di vasti strati del pubblico, attratto dal fascino di nomi e personalità variamente illustri (Tiberio, gli autori del Laocoonte, il poeta Faustino amico di Marziale), ma anche dalla suggestione del luogo, dal mistero, solo parzialmente dissipato, che regna sulla formazione di sì preziose raccolte artistiche in sito così remoto, dall'attrattiva non inerte e sbiadita di un ritrovamento valido solo per la scienza archeologica e per pochi iniziati, ma di un complesso di monumenti organico e palpitante, da cui ci balza incontro una pagina viva della storia e del costume di Roma in aspetti diversi, pratico od oziosamente edonistico, eppure armoniosamente coesistenti.
    Non manca quasi nulla: il palinsesto preistorico, religioso, mitico e storico, a ciclo chiuso dalle origini alla decadenza della Repubblica attraverso !'Impero fino al Cristianesimo; il sapiente ordinamento architettonico e paesistico d'una complessa villa patrizia di età repubblicana, passata poi al patrimonio imperiale e trasformata in una dimora piena di attrattive per il soggiorno di una corte fastosa, dedita a tutte le raffinatezze della vita ed al culto dell'arte; l'adattamento e la subordinazione ad esso delle risorse naturali di un angolo incantevole Ol'e s'incontrano, ai confini del Lazio leggendario e della Campania Felice, la più radiosa luce solare, la glauca e mutevole immensità marina, lo scenario del lontano favoloso Circeo e quello prossimo dei dolci colli cecubi, interposti fra ruvidi acroteri, l'argenteo stormir degli olivi, il sussurro discreto, fresco e misterioso di uno speco animato da fonti argentine, in cui aleggiano fantasmi d'imprese epiche e avventurose.
    E in questa cornice, una delle più varie e strane raccolte d'arte costituite per il piacere dei principi da intenditori consumati e organizzata da un poeta non mediocre, intelligente, cultore della tradizione nazionale e vergiliana, schivo del rumore della pubblicità ma non tanto da non lasciarsi consciamente indurre a incidere i propri versi nel marmo anziché a consegnarli alle industri ma incontrollabili moltiplicazioni degli scribi librari. Gruppi plastici di autori celeberrimi vi si specchiano in mobili superfici equoree, il cui cromatismo varia dai cupi riflessi del verde fondo all'incendio improvviso di flogistici tramonti. Nomi famosi di ellenici artefici vi s'intrecciano col ricordo del capriccioso e solitario successore di Augusto, con l'impronta di estrosi tiranni dello stampo di Nerone e Domiziano, secondati da illuminati cortigiani e da geniali anche se anonimi architetti.[…]»